venerdì 18 luglio 2014

Abogados: sentenza Torresi C-58/2013 e C-59/2013. Lo dice anche la Corte Di Giustizia UE: la via spagnola è legittima



L’articolo 3 della direttiva 98/5/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, volta a facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquistata la qualifica, dev’essere interpretato nel senso che non può costituire una pratica abusiva il fatto che il cittadino di uno Stato membro si rechi in un altro Stato membro al fine di acquisirvi la qualifica professionale di avvocato a seguito del superamento di esami universitari e faccia ritorno nello Stato membro di cui è cittadino per esercitarvi la professione di avvocato con il titolo professionale ottenuto nello Stato membro in cui tale qualifica professionale è stata acquisita.

E' quanto sancito ieri, in data 17/7/2014, dalla grande sezione della Corte Di Giustizia Dell'Unione Europea che mette una pietra tombale sulla questione degli "Abogados". La "via spagnola" è sempre stata ed è perfettamente legittima. 

La questione si aprì nel 2009, con l'emanazione della sentenza Cavallera ( C-311/06 ). Il sig. Cavallera, con il proprio titolo di laurea in ingegneria che non dava accesso alla professione di ingegnere in Italia si recò in Spagna dove, senza superare esami integrativi preventivi all'equiparazione del suo titolo italiano al corrispondente spagnolo, chiese un'omologazione del titolo di studio "meramente burocratica". Il Sig. Cavallera, in virtù dell'omologazione, ottenuta però senza incrementare il proprio patrimonio conoscitivo in terra iberica, potè iscriversi ad un ordine degli ingegneri spagnolo perchè in Spagna non serviva superare un esame di stato dopo l'università, per potersi iscrivere ad un ordine degli ingegneri. In virtù di tale iscrizione, grazie alla direttiva sul riconoscimento qualifiche ( fu 89/48 ora 2005/36 ) chiese successivamente pure l'iscrizione ad un ordine degli ingegneri italiano ma la Corte Di Giustizia bocciò la pratica ritenendola illegittima. 

Gli ordini degli avvocati italiani, da quel momento, sulla scia di un parere del CNF si sentirono pertanto in diritto di denegare le iscrizioni agli albi forensi italiani a laureati in giurisprudenza che, previa omologazione del proprio titolo di studio italiano al corrispondente spagnolo, avessero ottenuto il diritto di iscriversi all'ordine degli avvocati spagnolo e, pertanto, ai sensi della direttiva 98/5, di iscriversi anche ad un ordine italiano. Ciò adducendo un presunto abuso del diritto da parte degli "italoabogados".

Ciò che CNF ed ordini forensi hanno sempre trascurato è che qualsiasi laureato in giurisprudenza in Italia che abbia ottenuto l'omologazione del proprio titolo di studio al corrispondente spagnolo di licenciado en derecho, prima di ottenere tale omologazione, ha dovuto necessariemente ottenere qualifiche supplementari superando una serie di esami in diritto spagnolo. Solo in seguito al superamento di tali esami è infatti normalmente concessa l'omologazione e, quindi il diritto ad accedere alla professione in Spagna e, ai sensi della direttiva 98/5, anche in Italia. Ciò fà la differenza rispetto al caso "Cavallera" ( l'omologazione del cui titolo non fu, invece subordinata al superamento di esami integrativi ), impropriamente richiamato da ordini forensi e CNF.


La sentenza Koller, C-118/09, pronunciata a fine 2010, già aveva chiarito la legittimità del percorso spagnolo, ribadita a fine 2011 nella sentenza Tortorici, dalla Corte di Cassazione. Nel 2012 alcuni ordini forensi furono addirittura condannati dall'Antitrust per "intese restrittive della concorrenza" operate contro abogados italiani cui furono impedite le iscrizioni poichè venivano richiesti, ai fini dell'iscrizione, requisiti atipici. Ciò nonostante nel 2013 il CNF sentì la necessità di adire la Corte Di Giustizia UE sulla medesima questione su cui ieri, 17/7/2014, è stata posta una pietra tombale, essendo a parere della Corte Di Giustizia Europea "(..) il diritto dei cittadini di uno Stato membro di scegliere, da un lato, lo Stato membro nel quale desiderano acquisire il loro titolo professionale e, dall’altro, quello in cui hanno intenzione di esercitare la loro professione (..) inerente all’esercizio, in un mercato unico, delle libertà fondamentali garantite dai Trattati (..)".



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