giovedì 10 aprile 2014

Non c'è trucco, non c'è inganno, ma soprattutto non c'è abuso: la via spagnola è legittima.. anche secondo l'avvocato generale Nils Wahl, chiamato ad esprimere le proprie conclusioni nelle cause pendenti C-58 e C-59/13, le cose stanno così..


Oltre un anno fa, il Consiglio Nazionale Forense ha chiesto alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, con la seguente domanda pregiudiziale, di pronunciarsi sulla legittimità dei comportamenti tenuti dagli italiani che, dopo aver ottenuto l'omologazione del proprio titolo di laurea in giurisprudenza al corrispondente spagnolo di licenciado en derecho, maturando, così, il diritto di esercitare in Spagna la professione di Abogado, siano tornati in Italia per esercitare la professione di Avvocato, ai sensi della direttiva 98/5 ( relativa al diritto di stabilimento degli Avvocati ) servendosi del titolo professionale spagnolo.

Se l'art. 3 della direttiva 98/5/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, volta a facilitare l'esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquistata la qualifica , alla luce del principio generale del divieto di abuso del diritto e dell'art. 4, par. 2, TUE relativo al rispetto delle identità nazionali, debba essere interpretato nel senso di obbligare le autorità amministrative nazionali ad iscrivere nell'elenco degli avvocati stabiliti cittadini italiani che abbiano realizzato contegni abusivi del diritto dell'Unione, ed osti ad una prassi nazionale che consenta a tali autorità di respingere le domande di iscrizione all'albo degli avvocati stabiliti qualora sussistano circostanze oggettive tali da ritenere realizzata la fattispecie dell'abuso del diritto dell'Unione, fermi restando, da un lato, il rispetto del principio di proporzionalità e non discriminazione e, dall'altro, il diritto dell'interessato di agire in giudizio per far valere eventuali violazioni del diritto di stabilimento, e dunque la verifica giurisdizionale dell'attività dell'amministrazione.

In caso di risposta negativa al quesito sub 1), se l'art. 3 della direttiva 98/5/CE, così interpretato, debba ritenersi invalido alla luce dell'art. 4, par. 2, TUE nella misura in cui consente l'elusione della disciplina di uno Stato membro che subordina l'accesso alla professione forense al superamento di un esame di Stato laddove la previsione di siffatto esame è disposta dalla Costituzione di detto Stato e fa parte dei principi fondamentali a tutela degli utenti delle attività professionali e della corretta amministrazione della giustizia.

Di seguito le conclusioni dell'avvocato generale Nils Wahl, competente ad esprimersi nelle cause C-58 e C-59/13 in merito alla menzionata questione. Tali conclusioni precedono la sentenza che sarà pronunciata entro breve. 

L’articolo 3 della direttiva 98/5/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, volta a facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquistata la qualifica osta alla prassi di uno Stato membro di rifiutare, con la motivazione dell’abuso del diritto, l’iscrizione all’albo degli avvocati, nella sezione speciale riservata agli avvocati che hanno ottenuto la qualifica all’estero, di cittadini di tale Stato membro che, poco dopo aver ottenuto il titolo professionale in un altro Stato membro, ritornino nello Stato membro precedente.

Per consultare i pertinenti documenti del caso basta collegarsi alla pagnina web della Corte Di Giustizia Dell'Unione Europea, raggiungibili cliccando qui

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